10 dicembre 2006

Chiese

Chiesa del Cristo Re e Convento dei Cappuccini
Nei primi del Novecento


1932 - Cattedrale: una delle tante sparizioni
Questa foto scattata agli inizi del secolo dai fratelli Alinari fotografi di Firenze è una immagine importante e poco conosciuta, essa mostra com'era la morfologia architettonica dell'abside centrale agli inizi del secolo scorso. Se osservate attentamente vedrete nella parte superiore la presenza dell'immagine del Dio Padre con il suo braccio destro proteso verso il basso ed indicante il Figlio trasfigurato sul Tabor, ai suoi lati due Profeti con strumenti e libri tra le mani, nonchè Angeli e nuvole, tra i quali spiccava una colomba simboleggiante lo Spirito Santo. L'opera era stata realizzata da Orazio Ferraro da Giuliana nel XVII sec. Il braccio enorme e sporgente dall'immagine, come corpo a se stante librato nel vuoto, era realizzato in gesso e sicuramente doveva essere molto pesante. Un bel giorno, in seguito all'infiltrazione di acqua piovana dal tetto il braccio si staccò cadendo rovinosamente a terra e trascinandosi dietro parte dell'intonaco e del dipinto. Invece di preoccuparsi di far restaurare il tutto qualche benpensante dell'epoca approfittò per eliminarlo forse perchè il Padreterno che incombeva sul celebrante con quel braccio in atteggiamento di rimprovero, avrà fatto venire gli incubi a qualcuno che, avendo molto da farsi perdonare e impedentogli il sonno, ha approfittato dell'incidente per farlo rimuovere. Infatti il 19/11/1910 iniziarono i restauri e fu deciso assieme ai tecnici della Sovrintendenza che i pesanti stucchi ritenuti di poco pregio fossero rimossi, sostenendo che il gruppo gagginiano della Trasfigurazione venisse snellito nella visione d'insieme e messo in maggiore evidenza togliendo quegli stucchi.



Facciata anni quaranta



Interno con altare, nel periodo pre conciliare


Santa Niculicchia negli anni '30

1931


La chiesa di San Nicolò Regale è un altro esempio di scempio. La sua datazione è un problema ancora aperto, verosimilmente il periodo è da porsi tra il 1154 e il 1166. Tra il seicento e il settecento subì la trasformazione più significativa, aggredita dalla mania dell'epoca di adattare tutto allo stile barocco, fu trasformata, in modo vandalico,\da pianta quadrata ad ottagonale, conservando fortunatamente l'involucro esterno. Tale adattamento ha comportato la manomissione d'imposte, archi, cornici, nicchie, voltine e colonne e all'esterno il trasferimento della porta d'ingresso dal lato opposto a quello originale con la sovrapposizione nell'abside centrale di un portale barocco in pietra. Questa foto mostra il tempietto molto prima del restauro, si nota molto bene l'ingresso che era dal lato triabsidato ed era caretterizzato da un portale barocco recante lo stemma dei reali di Sicilia, essendo la chiesa di regio patronato (sino al 1931 era di proprietà dei Reali di Spagna). Nel 1947, viene riportata alla forma originaria. Nel 1970 e nel 1980 altri interventi di restauro. Credo che delle pietre originali oggi rimanga ben poco. Caratteristiche architettoniche simili hanno la chiesa di San Cataldo a Palermo e della SS. Trinità di Delia a Castelvetrano. La chiesa secondo la tesi più accreditata sarebbe stata dei monaci benedettini e il monastero adiacente fu demolito alla fine dell'Ottocento.



Santa Niculicchia negli anni '50



Chiese e Monasteri
Nei suoi novecento anni di storia la Chiesa mazarese ha avuto tre importanti monasteri femminili e precisamente quello di San Michele, di Santa Veneranda e di Santa Caterina, tutti del medesimo ordine di San Benedetto. Il piu' antico quello di San Michele fu il piu' ricco e accolse le figlie degli aristocratici del tempo, gli altri due piu' recenti accoglievano monache di famiglie borghesi. I rapporti tra i monasteri furono sempre cordiali, le suore furono animate tutte da sinceri sentimenti religiosi, tuttavia la gente notava alcune differenze ed esprimeva così il proprio giudizio:



A San Michele li superbi (le superbe)


A Santa Caterina li baggiani (le fanatiche)

A Santa Venera li accinnirati (le sudice, le povere)

Monastero di San Michele



Sventramento e demolizione di parte del monastero per realizzare
le Scuole Elementari Maschili

Fu demolito nel 1933, per far posto all'attuale edificio scolastico comprensivo (scuola media inferiore, scuole elementari ed asilo). Il monastero oltre alle monache professe accoglieva le novizie, le educande. L'ordinamento interno era così formato: L'Abbadessa, la Priora, le Decane, le Cellerarie, le Maestre delle novizie, la Dispensiera, le Associatrici, le Infermiere, le Sagrestane, le portinaie. Nei nostri monasteri mancava la Soggetta (segretaria), che non avendo una dote perchè di umili origini. però veniva accolta nel convento per le sue qualità intellettuali, per svolgere le mansioni di segretaria della Abbatessa, durava in carica tre anni e poteva essere riconfermata. Inoltre il monastero aveva un protettore (retribuito con 5 onze all'anno), un confessore e un cappellano (venti onze), un detentore di libri (contabile, tre onze), un barbiere ed un garzone (1 ona e sei tarì cadauno). La carica meglio retribuita, 36 onze, era quella del Prefetto di Sagrestia. Nel 1700 per migliorate condizioni economiche si aggiunsero: il compratore (onze sei), il notaro (onze due), il giardiniere (onze due), il maestro d'acqua (tarì sei), l'ostiario (1 onza e 18 tarì), il confessore straordinario (1 onza).


1928 - Chiesa di San Michele
Notare la presenza della cancellata esterna

Dell'antica chiesa e del monastero fatto edificare da Giorgio Antroteta, ammiraglio del conte Ruggero, nel 1093 non si ha più notizia. L'attuale tempio è stato edificato nel 1637, sotto il governo del vescovo cardinale Gian Domenico Spinola e venne consacrata nel 1678 da mons. Giuseppe Cicala. Gli stucchi interni in gesso (venti statue) che decorano la bellissima chiesa risalgono al 1697, ma furono arricchiti d'oro nel 1764 sotto la reggenza della abbadessa donna Maria Benedetta Gerbino. La statua argentea di San Michele Arcangelo, fu fatta a Roma su modello di quella di Michelangelo Buonarroti. La chiesa è stata arricchita anche dai dipinti di Tommaso Sciacca, rinomato pittore mazarese, apprezzato non solo in Italia. Il Tabernacolo è opera di Antonello Gaggini. All'interno vi è custodita la statua, in argento e legno, del patrono San Vito.

Monastero di Santa Caterina
Fondato prima del 1318, come sostiene Rocco Pirro (mancano documenti che possano precisare la data esatta) ad opera della nobil donna Giovanna de Surdis. La famiglia De Surdis visse nella prima mettà del 1300 ed era costituita da Dagullo, militare a servizio del Re, dalla sorella Salvagia, dalla moglie Giovanna e dalla figlia Goffreda. Il monastero in origine doveva essere piccolo, perchè il solo patrimonio della famiglia de Surdis era troppo modesto per poter "gareggiare" con i due preesistenti, che già contavano due secoli di vita. Il primo ampliamento avvenne nel 1392 quando il vecchio monastero di Santa Chiara che gli sorgeva accanto, venne soppresso dal Re Martino (in seguito ai tumulti scoppiati in città ed al tentativo di strappare Mazara dal regio demanio). Una parte del monastero passò a quello di Santa Caterina e l'altra all'Episcopio. Un altro amlpiamento ebbe luogo agli inizi del XVIII sec., quando la struttura monastica potè accorparsi l'ala sinistra dell'episcopio, che sino allora era destinata a sede del seminario. Gli ingrandimenti continuarono perché la Comunità aveva interesse ad isolare sempre più il monastero acquistando case adiacenti sia per avere maggiore spazio, sia per evitare la presenza di persone che potessero turbare, direttamente o indirettamente, la serenità della vita del convento. Fu realizzato, anche, un bel giardino dove le suore potevano alternare i passatempi con i doveri istituzionali e le occupazioni domestiche. Nel 1848 con la confisca degli ori e degli argenti delle Chiese e delle comunità religiose, il monastero (assieme agli altri due) cadde in miseria e continuò un lento ed inesorabile declino che lo portò alla sua scomparsa.

Vista dall'esterno di una parte del monastero

La chiesa di Santa Caterina, accorpata al monastero, edificata sempre da donna Giovanna De Surdis nel 1318, presenta un suggestivo aspetto architettonico. Sino al 1909 aveva un elegante campanile, a guglia piramidale, rivestita di lucide mattonelle di color verde smeraldo, ma dovette essere demolita perchè cadente e pericolosa ( e come al solito nessuno pensava ai restauri). Rimase in piedi solo la torre campanaria quadrata co otto finestre per le campane. Le suore fecero costruire sulla cima della torre una loggetta coperta e con quattro ampie finestre chiuse da grate in ferro battuto, bombate sulla faccia anteriore a collo di cigno, che consentivano la visione del mare e delle sottostanti piazze dove si potevano osservare durante le feste spettacoli sacri e profani.

Altare maggiore

Ad una sola navata, con una volta abbellita da pregevoli affreschi e con un bellissimo pavimento in maiolica, di scuola Trapanese, le cui immagini riproducono quelle della volta. Il pavimento purtroppo è molto rovinato, ma nelle sue parti esplorabili mostra tutta la sua bellezza. La chiesa come il monastero ha subito nel corso dei secoli alcune trasformazioni. Nel XVII sec. fu trasformata in stile barocco, secondo i gusti dell'epoca ed fu arricchita da diverse opere d'arte tra il 1794 e il 1811. La facciata attuale settecentesca è di qualche interesse. Il portale, tra due piccole colonne di marmo, è sormontato da un alto rilievo di stucco rappresentante Santa Caterina, vergine e martire, appoggiata ad una conchiglia. In alto un grande stemma del vescovo Orazio La Torre ed una colonna sormontata da una corona che è lo stemma della famigia Romano (Vincenzo Romano avendo una figlia unica che divenne suora benedettina presso il convento di Santa Caterina, donò tutti i suoi beni al monastero, risultando il massimo benefattore). La piccola comunità di suore che dal 1930 gestisce la chiesa conserva gelosamente il cartone originale, recentemente restaurato, che servì alle maestranze per mostrare alla Abbadessa pro tempore il disegno del pavimento che si doveva realizzare. E' presente nella chiesa un piccolo organo, attualmente in totale abbandono e in totale rovina. Gli altari ricchi di pregevoli e rari marmi policromi, sono di stile neoclassico. Pregevoli tele abbelliscono l'edificio sacro: entrando a destra, sul primo altare, un'opera del palermitano Giuseppe Testa, che raffigura San Vito, accompagnato da San Modesto e Santa Crescenza, nell'atto di partire dalla Sicilia su di una barca guidata dall'angelo per fuggire alle persecuzioni. Nel secondo altare un Crocifisso ligneo, di buona fattura, con un'iscrizione in tre lingue (ebraica, greca e latina). Nel primo altare a sinistra di chi entra un quadro dell'Annunziata, di autore ignoto. Nel secondo altare una statua di Santa Caterina, scolpita nel 1524 da Antonio Cagini e a spese di suor Antonina Giunta, come si rileva dalla iscrizione presente sui lati. In fondo nell'altare maggiore un grande quadro intitolato La Gloria di San Benedetto e di Santa Scolastica la tela datata 1797 e firmata da Giuseppe Testa. Ai lati della tela vi sono quattro pale che raffigurano Elia, Mosè che fa scaturire l'acqua dal deserto, l'atra rappresenta gli esploratori inviati da Mosè che ritornano dalla terra promessa,e l'ultima forse un profeta minore, Malachia. Tutte e quattro le tele non sono ne datate ne firmate, mai più ritengono che possano essere dello stesso autore. Nella sagrestia un'opera pregevole (fiamminga?) in cui è rappresentata la cena di Emmaus nell'atto in cui Cristo spezza e benedice il pane. Conservato dalle suore il Telone della Resurrezione che, serviva a coprire esattamente tutta la l'Abside, dalla volta la pavimento e da una parete all'altra, sino al Sabato Santo, quando il celebrante intonava il Gloria in eccelsis Deo e il telone, sciolto dai lacci, si lasciava cadere e sull'altere, in mezzo ai ceri e ai fiori appariva un Cristo risorto con una bandiera in mano. Il telo che misura 15 metri in altezza per 7 in larghezza è un unico telo in buono stato di conservazione ed è l'unico esemplare rimasto. Sul fondo azzurro, inquadrata in una grande cornice è dipinta la commovente scena della Deposizione. In basso sono raffigurati San Benedetto abate, fondatore dell'ordine, e Santa Caterina, titolare della chiesa. Il telone è datato 1790 firmato da don Vito Capolino, pittore, ed accanto si legge il nome dell'abbadessa donna Angela Caterina Gargano.

1928 - Santa Veneranda
Si ignora l'anno di fondazione della antica chiesa che si pensa risalga ai tempi del conte Ruggero. La prima pietra della nuova chiesa, quella attuale, fu collocata nel 1680 e venne consacrata nel 1716 da mons. Bartolomeo Castelli. Il monastero era retto da donna Giuseppa Antonia Burgio e la badessa era suor Emanuele.


Chiesa di Sant' Ignazio di Loyola
L'ex chiesa del Collegio dei Gesuiti a pianta ellittica, esclusa la profondità delle cappelle, con asse longitudinale parallelo alla facciata, pianta ellittica con un peristilio a colonnine tuscaniche binate. La forma ripete letteralmente quella del colonnato berniniano di San Pietro. Alla facciata furono, in epoca successiva aggiunti due campanili, ora crollati. Fu iniziata nel 1701 e consacrata nel 1714, dopo che era stato completato l'edificio del Collegio (tra il 1672 e il 1696, autore il gesuita Giuseppe Napoli e del confratello Angelo Italia)

In tempi recenti



Quando c'erano i campanili
Santuario Maria S.S. delle Giummare 
Com'era nei primi del novecento. Dal popolo ribattezzata Madonna dell'Alto



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