Questa sfortunata città, ormai da tempo, assiste attonita al degrado continuo e all'ingravescente rovina dei suoi Beni Culturali ed Ambientali. Nessuno se ne preoccupa. Le Istituzioni deputate alla gestione ed al controllo sono latitanti. Le Associazioni Culturali sono impotenti di fronte all'indifferenza dei vari amministratori pro tempore e qualunque grido di dolore si perde nel vuoto.
Occorre che le varie realtà produttive (in special modo la pesca) vengano rigenerate in compatibilità con le dinamiche economiche attuali e con le possibilità offerte da un ammodernamento tecnico e organizzativo delle strutture industriali e commerciali della città. Bisogna cioè pensare il passato e il presente con l'occhio sempre rivolto al futuro.
Desidero sollecitare la vostra memoria proponendovi alcune immagini significative di questo fenomeno progressivo e forse inarrestabile.
I frati minori dell'Osservanza in Santa Maria di Gesù
Una veduta settecentesca (Da Zaccagni-Orlandini, Corografia, Firenze 1845/48). L'originale misura cm.19x28,5 ed è a corredo illustrativo dell'interessantissimo volume "Voyage pittoresque on descrption des Royammes de Naples" 1777-1784
Voglio iniziare con questa stampa che dimostra come, da sempre, il patrimonio dei Beni Ambientali non è stato mai, come dovrebbe, un interesse primario per i governanti mazaresi, il cui precario corredo genetico li conduce a privilegiare il degrado e l'abbandono. La stampa del sec. XVIII mostra, a sinistra, il Convento di Santa Maria di Gesù, fondato nel 1455 dal cav. Enrico De Iuncta capitano e governatore della città ed affidato ai frati Minori Osservanti di San Francesco. Nella parte centrale domina la chiesa di San Francesco che, in antico, aveva due magnifici campanili. Questa documentazione mostra che il degrado è sempre esistito, che non è stato mai gestito saggiamente e che se un bene comune andava in rovina, anche allora, lo si lasciava al suo triste destino. Ai giorni nostri il campanile è rimasto solo, orfano del gemello. Il recente restauro di consolidamento (per i danni causati dal terremoto) è stato fatto in modo vergognoso. Non voglio addentrami nel commento del restauro dell'interno della chiesa perché occorrerebbe un blog a parte per definire lo scempio compiuto dai tecnici che l'hanno effettuato.
La Platea Magna
(Vue d'une place publique et de la Cathedrale de la ville de MAZZARA. n. 74 Sicilie), Piano Maggiore, poi piazza Municipio, oggi piazza della Repubblica. Stampa tratta dal volume Voyage pittoresche di Richard di Saint- Non. (Viaggio nel Regno delle due Sicilie). Autore della stampa (acquaforte) fu il disegnatore e architetto francese Jean Louis Depreé (1743-1804)
E' la testimonianza della grande trasformazione urbanistica avvenuta tra il XVII e il XVIII sec. favorita dal mecenatismo di alcuni vescovi. Il primo intervento importante è quello della sistemazione della Cattedrale Normanna (essa dalla sua fondazione fino ai giorni nostri ha subito diversi restauri che ne hanno alterato la forma primitiva, i più importanti furono quelli ad opera del vescovo Montaperto del 1470 e quello di mons. La Cava del 1615. Nel 1659 ad opera di mons. G. Lozano, venne realizzato il nuovo campanile.)
Sul lato sinistro della stampa il sontuoso palazzo dei Chiaromonte, potente famiglia che fu padrona della città verso la fine del XIV sec. venne eretto da Federico Chiaromonte. Da esso deriva l'attuale Palazzo Vescovile che nasce dalla ristrutturazione dell'edificio nel XVI sec., contemporaneamente venne realizzato l'Arco (tocco) di mons. Impellizzeri (1654) che unisce l'episcopio alla Cattedrale, la via dell'Arco (il tocchetto), e la viuzza che fa comunicare la platea con l'odierna piazza Alberto Rizzo Marino. A destra il Seminario dei Chierici. Venne costruito in, successione temporale, da vari vescovi. Il primo seminario fu ubicato il 20/07/1579, nella chiesa di Sant'Egidio. Poi seguendo i dettami del Concilio di Trento (1545 - 1567, cioè che i seminari dovevano erigersi nei pressi delle cattedrali) nel 1583 mons. Bernardo Gasco lo trasferisce nel monastero di Santa Chiara (tra il palazzo vescovile e il convento di Santa Caterina). I suoi successori continuarono l'opera. La sede definitiva viene realizzata dal vescovo B. Castelli nel 1710. L'attuale aspetto si deve all'opera dell'architetto Giovanni Biagio Amico, su incarico del vescovo Giuseppe Stella (1742 - 1758). Sempre a destra della stampa s'innalza la Torre dell'Orologio, oggi accorpata al Seminario, (da essa deriva il toponimo della viuzza adiacente dové'è ubicato, attualmente, l'ingresso del Museo Diocesano). Di essa oggi rimane soltanto la parte bassa.
Nel 1771, al posto di un antico campanile della Cattedrale, derivato da un preesistente minareto, verrà collocata la prestigiosa statua del santo patrono San Vito, opera dell'illustre scultore palermitano Ignazio Marabitti (era stata commissionata nel 1766 da mons. Michele Sclavo assieme ai relativi: piedistallo, scalinata e cancellata di ferro attorno). Questo piano viene completato, mediante la realizzazione dell'odierna via XX Settembre, lungo la quale cominciano a sorgere alcuni palazzi patrizi.
Sotto il porticato del seminario, alla fine di esso, adiacente alla torre, vi è una piccola cappella con una immagine della SS. Vergine, portante in braccio il bambino Gesù, chiamata Madonna delle Campane (il 5 maggio 1587, precipitò, come già accennato, il campanile che era collocato dove oggi vi è la statua di San Vito, mons. Bernardo Gasco restaurò il campanile, vi collocò il gruppo del Conte Ruggero, oggi posto sulla facciata principale della Cattedrale, e nella parte bassa di esso fece realizzare una cappella, dove collocò l'immagine della Madonna delle Campane, poi spostata e sitemata nella sua sede attuale).
Alla fine del XVII sec. il Piano Maggiore viene messo in comunicazione con la marina mediante l'apertura della porta del SS.mo Salvatore, dirimpetto alla Cattedrale, iniziata da mons. Francesco Maria Graffeo e terminata da suo nipote rev. Ascenzio Graffeo nel 1696 e demolita nel 1873.
1891/94 - La rivolta in Sicilia
Stampa antica con veduta di Mazzara del Vallo, con la popolazione insorta che distrugge gli uffici della Prefettura, pubblicata dalla rivista periodica "Illustrazione Popolare", edita a Milano dai fratelli Treves. E' un episodio delle rivolte popolari, guidate dai Fasci siciliani dei lavoratori dei deputati socialisti siciliani Napoleone Colajanni e Giuseppe De Felice Giuffrida che per diversi mesi, a partire dalla fine del 1893, videro insorgere le popolazioni affamate di numerose località della Sicilia.
I fasci siciliani, detti anche Fasci siciliani dei lavoratori, furono un movimento di massa di ispirazione libertaria, democratica e socialista spontaneista sviluppatosi in Sicilia dal 1891 al 1894 e diffusosi fra proletariato urbano, braccianti agricoli, minatori ed operai. Fu disperso solo dopo un duro intervento militare durante il governo Crispi, avallato dal re Umberto I.
Il 1 e 2 gennaio 1894, nella nostra città non si verificarono né pericolose audacie né prove d'eroismo. L'unica cosa che il popolo di seppe fare fu l'assaltare la Pretura, allora ubicata nei locali dell'attuale Centro Polivalente ex Convento dei Gesuiti, dove venne distrutto, oltre ai mobili, quadri, suppellettili, un enorme patrimonio cartaceo in quanto era ivi allocata anche la fornitissima e ricca biblioteca dei Gesuiti (espulsi nel 1767). Non ci siamo distinti per atti d'eroismo ma per la solita ed insensata modestia di comportamenti. L'articolo racconta che il primo gennaio 1894 a Mazara bruciarono gli uffici del demanio, del registro, delle imposte, del conciliatore, la prefettura, le scuole tecniche e elementari, il salone della biblioteca con migliaia di volumi, e tutti i magazzini e depositi del comune. Le fiamme divorarono case e chiese attigue a questi uffici e scuole. Fu assaltata la prigione, e liberati i prigionieri. Il giorno 2 a Mazara bruciarono catasto, esattoria comunale, e tornarono a bruciare le carte dell'ufficio del registro, e tentarono un nuovo assalto alla prigione, dopodiché bruciarono comune e fabbricati attigui. Il giorno 3 Francesco Crispi dichiarò lo stato di assedio in Sicilia. Leggendo l'articolo pare di capire che sostenga che a Mazara il problema venne determinato dal fatto che, dopo che il municipio annunziò l'abolizione dei dazi sulle farine (immagino una qualche forma di accise), i grossisti decisero di non passare ai consumatori lo sconto, ma di tenerselo per se.
Anche nella vicina Castelvetrano si ebbero tumulti simili
Giornali dell'epoca che documentano i fatti accaduti
1894 (fratelli Treves editori MI)
La parte superiore della stampa mostra una veduta di Mazzara e un campiere a cavallo, la parte inferiore si riferisce alla piazza del Municipio di Castelvetrano
L'arco normanno
L'Arco normanno di Mazara del Vallo, era la porta di accesso a forma di arco ogivale del castello fatto costruire da Ruggero I d'Altavilla, dopo la liberazione nel 1072 della città dalla dominazione araba. Venne demolito nel 1898 per la costruzione di un giardino pubblico, l'attuale villa Jolanda. Il materiale di risulta venne utilizzato per la i lavori portuali e per la realizzazione della passeggiata a mare. Nel 1920 il Consiglio comunale deliberò che l'ultima testimonianza del Castello venisse lasciata a futura memoria. L'Arco normanno domina l'antistante piazza Mokarta (così chiamata in onore del guerriero musulmano Mokarta, nipote del re di Tunisi che nel 1075 tentò la riconquista della città) ed è considerato il simbolo più significativo di Mazara. Nel castello soggiornarono oltre al Gran Conte Ruggero, anche Federico III di Aragona e la regina Eleonora d'Angiò nel 1318, nonché Pietro II di Sicilia, il re Martino I di Sicilia e per ultimo il re Alfonso II di Napoli nel 1495. Nel XVI secolo le sale e i sotterranei del castello vennero adibite a carcere e per tale motivo, i mazaresi dell'epoca, sconsiderati, non ci pensarono due volte ad abbatterlo dato che evocava loro brutti ricordi. Oggi (nel terzo millennio, nel 2014) si pensa di ricostruirlo, lo sostiene la dott.ssa Grazia Alfaggio, dirigente generale del Dipartimento Nazionale per il Recupero Beni Monumentali. Sembra ormai, infatti, in dirittura d'arrivo il progetto che prevede la ricostruzione del castello che per tanto tempo ha difeso la nostra città e di cui resta ormai solo l'arco. "Gli scavi effettuati negli anni ottanta ci hanno permesso di ricostruire, con assoluta precisione, l'andamento delle mura - afferma la dott.ssa Alfaggio - l'unica cosa che dobbiamo ancora perfezionare è il piano di recupero di alcune pietre che facevano parte del complesso. Sembra infatti che queste siano state utilizzate negli anni per sistemare parte del molo del porto canale. Una volta trovate dovranno essere catalogate e rimesse al loro posto, come un gigantesco puzzle".
Planimetria presente nel vecchio catasto di Trapani, utilizzata in un lavoro per la tesi dell'arch. Vicio De Pasquale, pubblicato dalla rivista "Trapani" Rassegna mensile della provincia (Anno dodicesimo - VIII-IX, agosto - settembre 1967)
Planimetria della Mazara Normanna
Vicio De PasqualePlanimetria della città
Viale Garibaldi
in seguito venne trasformato in "Villa Garibaldi"
1937 - Pina Linares, Pasquale Villani
In questa foto si nota la recinzione della Villa Jolanda e la presenza delle decorative "quartare"(divenute ai nostri giorni motivo di polemica per l'eccessivo uso di ceramiche, come arredo urbano, ad opera dell'amministrazione Cristaldi
La carrozza ritratta è quella che il vescovo Salomone fece costruire nel XIX secolo. Nel 1937, in occasione delle grandi manovre il Re Vittorio Emanuele III venne nella nostra città, accompagnato dal figlio, principe Umberto. Furono solennemente accolti nella Basilica Cattedrale dal vescovo Salvatore Ballo, dal Capitolo e dal Presbiterio Diocesano e vennero prelevati con questa carrozza.
1964 - Cortile comune
1985 - Cortle medievale
Le pile del cortile
Ricordate le pile (vedi foto), quei bellissimi manufatti in pietra, nelle quali generazioni di abitanti del quartiere (che prendeva il nome da loro) Pilazza, hanno sciacquato i panni? Sono scomparse. Volatilizzate senza che nessuno se ne sia mai preoccupato. Erano il simbolo di quei luoghi, una meta obbligata dei turisti che visitavano quello che resta della casbah. La loro origine era controversa, alcuni sostenevano che fossero antichissime. Certamente erano un bene ambientale importante dal punto di vista storico che ci è stato tolto. E' rimasto a dimostrare la mutilazione, il pozzo, dal quale si attinge l'acqua, coperto perennemente da una rete per evitare che i bambini vi possano cadere. Non ho mai capito perchè mai nessuno ha imposto la realizzazione di una sicura copertura dello stesso.
Anche la pila di un'altra piazzetta del quartiere, certamente meno importante delle precedenti ma altrettanto significativa per la storia delle tradizioni popolari è stata divelta.
Quando l'acqua era un bene comune
Il ponte sul fiume Arena
Questo ponte non è stato rubato, forse perchè sarebbe stato difficoltoso e poco redditizio farlo, ma è scomparso anche lui. E' stato sostituito da una struttura del Genio Militare, che doveva essere utilizzata per pochi mesi, invece vi rimase per parecchi anni. Infine oggi la Provincia ha realizzato da una struttura moderna e più imponente. Il vecchio ponte ci ha servito generosamente per tanti anni era giusto ricordarlo e conservarlo tra le nostre memorie. Non era bello, non era molto funzionale ma ci è stato utile.
Porto Canale
Rientro dalla pesca alle sarde - Nei primi del 1900
Stabilimento balneare - Anni Venti
Li "cammareddi" tutto costruito in legno su palafitte
Chiostro del Collegio dei Gesuiti
La vasca rimossa dell'atrio dell'ex convento dei Gesuiti
(oggi Centro Polivalente di Cultura)
Villa Garibaldi
Dov'è finito il pozzo?
Anni Trenta/Quaranta
La fontana era costituita da una vasca ottagonale in marmo nella quale, gli agricoltori del quartiere, nei primi decenni del 900, portavano a dissetare i loro animali, cavalli, asini e muli. Per evitare questa poco igienica abitudine l’amministrazione comunale del tempo deliberò la costruzione di sei colonne di marmo attorno alla vasca, collegate da tubi di ferro, rendendo così impossibile agli animali l’approccio all’acqua. Negli anni cinquanta la costruzione della fontana fu un'involontaria causa di tragedia, due bambini uno di nome Angelo Merenda, figlio di un noto sarto della città (e nipote di una guardia municipale in pensione Angelo Bendici) vi cadde dentro e vi annegò e un'altro di nome Baldassare Benigno rimase ferito e in seguito ad un'abbondante emorragia morì anch'esso. Intorno agli anni 60 fu smantellata per consentire la costruzione di uffici e sale d’attesa per i viaggiatori degli autobus che facevano sosta in questa piazza, inoltre il sig. Giglio aprì sull'altro lato un distributore di benzina, sino agli anni duemila. In seguito all'annegamento accidentale del bambino, il cui corpo fu recuperato dallo stesso nonno, che per ironia della sorte fu chiamato da una bimba che segnalava la presenza di un bambino in acqua, esattamente nella cisterna sottostante che alimentava la vasca, negli anni 50 (52/53), venne realizzata la sottostante statua, si dice a ricordo di questo triste evento e per onorare il bimbo. L'anno successivo la fontana venne rimossa per far posto ad un orrendo diatributore di benzina e una altrettanto invadente e inutile stazione di servizio per le compagnie del sevizio Autobus di Linea. Non abbiamo una documentazione scritta o fotografica che lo dimostri. tutto è affidato alla buona memoria di alcuni cittadini. (Una curiosità, la macchina della foto è la Citroen del dott. Giammarinaro, medico chirurgo)
Questa composizione in cemento, si dice trovasi in una villetta di un noto professionista a Costiera.
Sul carro il prof. Giovanni Barbera (Disegno) e il prof. Salvatore Di Liberti (disegno). Il dito puntato con il dito puntato sta ad indicare l'autore, che era uno dei 15 figli di un falegname (14 maschi e una femmina), per cui si appassionò all'arte di lavorare il legno e divenne scultore e poi anche pittore). La casa che si intravede sulla sinistra era di don Vito Bonafede, allevatore di ovini. In seguito vi allocò la sua Farma-Sanitaria il sig. Giocondo Lenzi, in seguito fu ceduta, dagli eredi, per realizzare i locali della Banca del Sud. Forse questa foto immortala il momento di trasporto per la collocazione del gruppo.
Un'altra immagine
Schizzo di Nicolò Burzotta per segnalarci come lui ricorda la fontana
La paparedda
Vi ricordate il commercio dell'uva Zibibbo proveniente da Pantelleria e i mezzi di trasporto usati?
La motrice denominata "Carrello Badoni" poteva trainare al massimo tre vagoni, trasportava l'uva o anche il pesce in vagoni refrigerati, alla "Piccola" (una stazione merci adiacente alla stazione centrale, oggi sede del parcheggio per auto. I vagoni carichi delle varie merci venivano agganciati ai treni diretti in tutto il continente. Un esemplare è ancora conservato nel piazzale interno delle Cantine Florio di Marsala. Andava a gasolio. Veniva erroneamente chiamata "paparedda" perchè cosi era denominata la precedente vettura usata prima, che era alimentata a carbone, ed essa ne raccolse l'eredità anche nel nome (in questo caso improprio). Il percorso seguito su rotaie era dal piazzale G.B. Quinci alla stazione merci "La piccola". I vagoni vuoti venivano parcheggiati nei pressi della "Campagnedda"spazio prima dell'Hopps Hotel, dove da ragazzi ci si giocava come fosse un giardino pubblico sino agli anni sessanta e quei vagoni potrebberro raccontare tante avventure vissute dalla gioventù dell'epoca.
La paparedda era simile a questa che vi mostro a mò d'esempio