Santino
La recente scoperta del paliotto in tela raffigurante una iconografia inedita di fra Pietro da Mazara nella battaglia di Mahdia in Africa, ha scatenato la curiosità di studiosi e ricercatori per l’importanza del periodo storico raffigurato che segnò uno dei momenti salienti della storia siciliana nella lotta contro i corsari che imperversavano le coste siciliane depredando e saccheggiando città, chiese e riducendo in schiavitù tanti uomini, donne e bambini.
Padre (o fra) Pietro La Rocca da Mazara, (1475-1550) appartenente alla nobile famiglia mazarese La Rocca - Emmanuelli (Diversi La Rocca si riscontrano come giurati della città nei secoli XVI e XVII. Conduce una giovinezza scellerata che culminò con l'uccisione di una donna e del suo amante. Riuscì ad evitare il patibolo solo perché riesce a comprare il giudice, con l'esborso di una forte somma di denaro. Ma queste vicende delittuose non furono sufficienti a condurlo sulla retta via. Uccise, infatti, successivamente, un fanciullo, figlio del governatore di Mazara e riparò nelle campagne della periferia prima, capeggiando una banda di malviventi, e nei boschi di Gibilmanna, dopo Un giorno, però, Dio scuote profondamente la sua vita, come San Paolo fu toccato dalla Grazia sulla strada di Damasco, Pietro La Rocca fu preso dall'effluvio dello Spirito Santo nei latifondi della malvivenza. La tenebrosa caligine della giovinezza fu demolita dalla luce della Grazia, l'istintivo impeto a delinquere fu sostituito dalla volontà ad effondere bene e sorrisi, speranza e pace. Il sangue versato, la violenza elargita, le lacrime dei trafitti, gli agguati ai convogli ai passi di S. Elia e S. Vito rimorso eterno, notti senza alba, supplica di perdono senza responso, cicatrici perenni dell'anima, voci ininterrotte di dolore e di pietà, incancellati nelle orecchie, il pensiero incessante agli oltraggiati e al Dio del perdono. Il perdono da ricercare nella Croce che portò sempre con se, sulla persona e nell'animo e con la quale è sempre raffigurato. Abbandonò le campagne e fu accolto nell'ordine dei Francescani. Novizio a Gubbio, nel convento dei frati minori osservanti, due anni dopo nel nel 1535, scelse di entrare nei Cappuccini per abbracciare una vita di penitenza e di espiazione e, precisamente nel Convento dei Cappuccini delle Carcerelle, nei pressi di Assisi. Fu nominato primo vicario provinciale dei Cappuccini in Sicilia, dove il suo primo pensiero fu la richiesta di perdono alle persone da lui colpite nella vita del buio, di assenza del Cristo Crocifisso. Nel 1550 seguì l'esercito dell'imperatore CarloV nell'impresa della conquista della Tunisia, sperando nel martirio e nella cessazione dei rimorsi. Per primo mise piede nelle trinceee nemiche e vi affisse la Croce. Nella nave, durante il viaggio di ritorno , non si risparmiò nell'assistere gli ammalati di colera compiendo miracoli con il suo Crocifisso prodigioso. Prima dell'arrivo nel porto di Trapani il 22 0 23 settembre 1550, colpito anch'egli dal colera, rese la sua anima a Dio della Misericordia, dopo aver ottenuto la promessa dal comandante della nave che la sua salma non sarebbe stata gettata in mare, ma che sarebbe stata seppellita in un convento dei Cappuccini. e, inoltre, che il suo prodigioso Crocifisso in legno sarebbe stato esposto nello stesso convento. La vicenda di frate Pietro da Mazara e della croce di legno miracolosa si diffuse rapidamente e il principe di Castelvetrano, Carlo d'Aragona e Tagliavia, decise di farlo seppellire con tutti gli onori religiosi nel Convento dei Cappuccini di Castelvetrano, in contrada Sant'Anna. Nel 1623 fu fondato nella stessa città l'attuale convento, ove fu trasferita la salma del servo di Dio con il Crocifisso miracoloso. Alcuni anni fa , nella chiesa dei Gesuiti di Mazara è stato scoperto un paliotto in tela raffigurante fra Pietro da Mazara nella battaglia di Madhia del 25b luglio del 1550. Ritenuto, le autorità cittadine, (ma quali le motivazioni?) che appartenesse al Convento dei Cappuccini di Castelvetrano, è stato restituito il 3 maggio 2010 nel corso dei festeggiamenti del Santissimo Crocifisso del cappuccino mazarese.Mentre nella città natia, si continua a non conoscere il frate della Croce dei Miracoli, nella città viciniora, da alcuni anni, si tiene nell'ambito della festa di "lu signuri tri di maiu", un corteo storico, in abiti cinquecenteschi, che richiama i festeggiamenti, voluti dal principe Carlo d?Aragona Tagliavia, per l'arrivo del SS. Crocifisso in legno e della salma del frate cappuccino. La targa viaria, di una piccola via a lui dedicata nei pressi della chiesa dei cappuccini (un tempo Chiesa di San Martino), non riporta alcuna citazione esplicativa, mentre la delibera del consiglio comunale del 5 dicembre 1955 indica chiaramente l'aggiunta di "Cappuccino del XVI secolo" (anche la città di Castelvetrano a intitolato la piazza il cimitero comunale al nostro illustre concittadino).
Queste notizie, da me riportate, sono state liberamente tratte dal volume "Aliti di toponomastica" di Enzo Gancitano
Immagine dell'epoca di cittadini nei pregiati costumi rievocativi (prof. Gaspare Lombardo)
La recente scoperta del paliotto in tela raffigurante una iconografia inedita di fra Pietro da Mazara nella battaglia di Mahdia in Africa, ha scatenato la curiosità di studiosi e ricercatori per l’importanza del periodo storico raffigurato che segnò uno dei momenti salienti della storia siciliana nella lotta contro i corsari che imperversavano le coste siciliane depredando e saccheggiando città, chiese e riducendo in schiavitù tanti uomini, donne e bambini.
Per tre secoli (XVI-XVIII) la Corporazione dei Capitani delle navi corsare, ricca e potente, costituì un forte potere dentro lo stato. La Corsa era la forma più saliente di attività ed era motivata sia dall’accanita lotta fra l’Islam e la Cristianità, sia dalla “gihàd”, la guerra santa, che per i Musulmani “giustificava, anzi glorificava lo stato di guerra permanente e il saccheggio a danno delle popolazioni infedeli”. La barberia comprendeva , nel secolo XVI e seguenti gli stati nordafricani dal Marocco alla Tripolitana (Libia). Uno dei più temibili corsari che nella metà del cinquecento con le sue scorribande terrorizzò, ma soprattutto impedì le comunicazioni, interruppe i commerci e apportò desolazione e terrore ai paesi rivieraschi del Mediterraneo, fu Dragut, contro il quale fu armato un potente esercito e una imponente flotta, al comando del Vicerè di Sicilia Giovanni de Vega. L’attacco fu sferrato direttamente in terra d’africa, nel cuore del suo quartiere generale, Mahdia detta Afrodisia, che dopo tre mesi d’assedio fu conquistata e il corsaro Dragut costretto a fuggire via mare. A queste vicende storiche del 1550 si lega la storia del nostro cappuccino mazarese fra Pietro della famiglia Rocca-Emmanueli che partecipò attivamente a tali eventi in terra d’africa e dove si distinse per il suo coraggio e per la sua santità. Il quadro recentemente restaurato dalla Soprintendenza BB.CC.AA. di Trapani sintetizza iconograficamente tali avvenimenti. Il convegno organizzato dall’arch. Gaspare Bianco e dall’arch. Antonino Palazzolo per il giorno 3 maggio 2010 a Castelvetrano alle ore 17, nella chiesa dei cappuccini, dal titolo “Fra’ Pietro da Mazara e la rappresentazione iconografica della presa di Mahdia del 1550” è l’occasione per portare a conoscenza della comunità scientifica e religiosa, ma soprattutto dei ricercatori di Storia Patria l’enorme documentazione ritrovata su tali avvenimenti storici siciliani e sulla vita di un frate cappuccino mazarese che in terra d’africa cercò il martirio.
arch. Gaspare Bianco