30 gennaio 2009

Areoporto Militare di Castelvetrano

La struttura venne inaugurata, in contrada Fontanelle, alla fine degli anni Trenta ed utilizzata nella seconda guerra mondiale come aeroporto militare. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, l'aeroporto era la sede di guerra del 36° Stormo Bombardamento Terrestre, stanziato in tempo di pace a Bologna-Borgo Panigale. Il codice di guerra, la sigla data dalla Regia Aeronautica, era "511". Fu sede del 9° Stormo B.N. impegnato nel pattugliamento del Mediterraneo. Di stanza nel 1942 vi era la 59ª Squadriglia bombardieri tattica, impegnata nel bombardamento di Malta. Da gennaio a luglio 1942 vi operò anche il 37° Stormo.


Aprile 1942 - Campo di volo dell'aeroporto



Vincenzo Ingraldo (Sottotenente Medico)


1940 - Castelvetrano
Il sottotenente medico Enzo Ingraldo, medica un sergente motorista, del 30° Storno, ferito a Biserta






Castelvetrano



Castelvetrano
Aerei abbattuti









 8/12/1943 
Questa data è importante per le sorti della Guerra, l’8 dicembre del 1943 alle 13,10 circa, atterrò all’aeroporto militare di Fontanelle (classificato War Theatre # 12) un aereo con il Presidente degli Stati Uniti d’America F. D. Roosevelt accompagnato dal comandante in capo delle Forze Alleate Generale “Ike” Eisenhower, per incontrare i generali M. ClarK, G. Patton, e altri. Studi dettagliati su quegli eventi sono stati raccolti dall'arch. Maurizio Tosco, palermitano che vive a Castelvetrano, appassionato studioso di Storia. Il presidente, proveniente da Malta si fermò per circa un'ora e venti minuti e poi ripartì. Per quel lasso di tempo Castelvetrano "caput mundi"


   
Generali George Patton, Henry "Hap" Arnold e Mark Clark all'Aerodromo di Castelvetrano, Sicilia, Italia, in attesa dell'arrivo del Presidente Roosevelt, 8 dic 1943. (Dagli archivi nazionali USA)

il presidentei



Roosevelt appone la medaglia al valore al tenente generale Mark Clarke


Allora si adottò lo stratagemma delle decorazioni di valorosi combattenti, per giustificare la venuta del presidente in quel piccolo, ma strategicamente importante, aeroporto. Ma lo scopo era ben altro e secretato.

22 gennaio 2009

Pietro Consagra - 1ª parte

Pietro Consagra (Mazara del Vallo, 6 ottobre 1920 – Milano, 16 luglio 2005) è stato uno scultore e scrittore italiano, uno dei più prestigiosi esponenti dell'astrattismo italiano.

17 gennaio 2009

Andrea Godino

1919 - 1942 - Medaglia di bronzo al valor militare

15 gennaio 2009

Corazzata ROMA

La nave da battaglia Roma fu la terza unità della classe Littorio e rappresentò il meglio della produzione navale bellica italiana della seconda guerra mondiale. Consegnata alla Regia Marinail 14 giugno 1942, venne danneggiata nel corso di un bombardamento aereo statunitense quasi un anno dopo mentre era alla fonda a La Spezia, subendo in seguito altri danni che la costrinsero a tornare operativa, dopo le dovute riparazioni, solamente il 13 agosto 1943.


A seguito dell'armistizio italiano, al Roma fu ordinato, assieme ad altre imbarcazioni militari, di raggiungere l'isola sarda della Maddalena come concordato con gli Alleato. La squadra navale italiana, tuttavia, fu attaccata da alcuni bombardieri tedeschi che, servendosi delle nuove bombe radioguidate plananti Ruhrstahl SD 1400, affondarono il Roma. Nei suoi 15 mesi di servizio il Roma percorse 2.492 miglia in 20 uscite in mare, senza partecipare a scontri navali, rimanendo fuori servizio per riparazioni per 63 giorni.Venne affondato il 9 settembre del 1943 da aerei tedeschi. Il 28 giugno 2012 il relitto della corazzata è stato rinvenuto nel golfo dell’Asinara, dopo 69 annii di ricerche a mille metri di profondità nel cosi detto Canyon Castelsardo, a 16 miglia dalla costa sarda, dove giace placido il relitto. 
A effettuare la scoperta il team guidato da Francesco Scavelli, ricercatore e regista della Bluimage Productions(che ha finanziato il progetto) insieme alla Comex di Marsiglia (società leader nelle ricerche oceanografiche), dopo ben 5 anni di ricerche e l'essersi persino serviti delle fotografie della ricognizione inglese che volava a 50 metri di quota per realizzare lo scenario in 3D, per individuare il relitto più importante della Seconda Guerra Mondiale.

Una delle prime immagini del relitto

Nell'affondamento della ROMA furono coinvolti circa 130 siciliani, circa 30 della provincia di Trapani. Dei 1352 dispersi 4 erano di Mazara Del Vallo :

Sottocapo Filippo Calafato 9/11/1917
Maro' Francesco Gancitano 18/01/1922
Maro' Vito Genna 18/07/1920
Maro' Giuseppe Giammarinaro 23/06/1922

Giuseppe Giammarinaro (caduto)

Dei 622 naufraghi recuperati , sopravvissuti e internati in Spagna, 3 di Mazara :
Paolo Asaro classe 1921, marò (di Michele e Grazia Tardino) 
Giuseppe Maiale, Sottocapo cannoniere, (di Mario e Preziosa Pantaleo)
Francesco Ingargiola classe 1921, marò (di Giacomo e Maria Tramonte)

Asaro Paolo (1921)
Uno dei tre sopravvissuti. Sono stato suo medico di famiglia sino alla sua morte

Francesco Ingargiola - (27/05/1921 - 18/03/1954)
Uno dei sopravvissuti al naufragio

Lettera alla famiglia dopo la tragedia

Documenti dell'epoca
(ricovero)




Documenti attinenti

Mariella Burgio (1946-2012)

La vita è, da ultimo, un collage di ricordi frutto della gratitudine e dell'amicizia
Mariella come mi piace ricordarla con una delle mie foto

Ricordi, frasi, parole che sul momento s'intendono a stento, improvvisamente brillano di senso a distanza di tempo, a sorpresa, quando la mente non è distratta, e non vaga senza meta nel pomeriggio della vita. La Generosità è una nota divina che scende dall'alto e illumina il cuore, nasce dalla capacità di saper dare più di quello che si riceve. Se il valore di un uomo potesse essere misurato in base a tale concetto, Mariella, in funzione del suo vissuto, occuperebbe legittimamente il massimo grado di questa scala di valori. Esistono persone che più di altre incarnano il senso dell'amicizia e riescono ad attraversare orizzontalmente tutti quelli che incontrano nel loro cammino. Mariella si era creato un personale e virtuale “sistema solare”, lei era al centro e tutto e tutti le ruotavano attorno. Si era conquistata a pieno titolo il ruolo di guida insostituibile per la famiglia, si era resa sostegno non indifferente per molti amici e un benevolo punto di riferimento per tanti conoscenti. Aveva ereditato dalla sua dolce mamma una fede immensa e una disponibilità d'animo infinita. La mia amicizia con lei risale allo spensierato periodo dell'adolescenza. Ho frequentato a lungo la sua famiglia prima da ragazzo e poi da giovane sposo. Non ho mai dimenticato il gran senso dell'ospitalità e il calore umano che aleggiava nella abitazione paterna, era un'atmosfera fuori dal comune che ha segnato, anche, il mio modo di concepire un'amicizia. Due personalità forti le nostre che si scontravano spesso nei lunghi periodi del nostro lungo e comune vissuto, che però ottenevano l'effetto opposto di una comune lite, infatti cementavano sempre di più la nostra amicizia, vera e sincera, e il reciproco rispetto si accresceva, troppo profondi ed intensi i nostri rapporti per poter essere scalfiti da così poco. Oggi che ho perduto il suo calore umano non ho timore di asserire che l'amicizia è difficile da trovare, ma esiste. Troppo facile essere amati per i propri pregi, il vero amico, quello che non perderai mai, è quello che ti ama per, o nonostante i tuoi difetti. La vera amicizia è come una lanterna... il vento la scuote, ma lei non si spegne mai! Se la dovessi immortalare in un quadro la dipingerei come il comandante di una grande nave da crociera, completa in ogni ordine di posti, perchè infinita era la schiera dei suoi amici, e lei sul ponte che gestisce il tutto, in un vero parco dei divertimenti galleggiante dove lei organizzava, senza lesinare nulla, per il desiderio di avere tutti intorno a se felici e contenti. Come spesso accade ai comuni mortali le alterne vicissitudini terrene negli ultimi anni ci avevano allontanato, ma anche se stavamo parecchio tempo senza vederci, non appena c'incontravamo era come se ci fossimo lasciati il giorno prima. Se potesse, anche da lassù, continuerebbe ad inondarci del suo affetto, ma purtroppo il crudele gioco della vita ci ha tolto, in un modo traumatico e inaspettato, un'amicizia irripetibile. E se, come da qualche parte è stato scritto, l'amore e l'amicizia sono come l'eco, danno quanto ricevono, Mariella ha avuto e avrà sempre, in cambio, da tutti noi una enorme fiumara di stima ed affetti. Qualcuno ha detto: quelli che ami non muoiono mai! Forse! Chissà! L'unica magra consolazione che mi rimane è quella di vantarmi di essere stato un suo amico.

Dall'album dei ricordi!
Il giorno del matrimonio
Gianni Buffa, Maria Ferrara, Mariella Burgio
Altro importante personaggio nella vita di Mariella è stata la sorella della sua mamma. Per noi era la zia Maria, la zia di tutti gli amici intimi. Personaggio dal grande spessore umano che mariterebbe un capitolo a parte. Non si è sposata e ha dedicato tutta se stessa ai nipoti e ai suoi familiari. Era un muro portante di quella casa dove ha sempre vissuto. 

1976 - Teatro greco di Siracusa
Angela, Io e Mariella 

... qui il fotografo ero io

... andammo con il mitico maggiolino

1988 - Casa mia 
Il mio 32° compleanno 
(sullo sfondo un altro amico scomparso recentemente, Pino Colletti)

Due grandi amiche
L'allieva e la maestra. Lezioni di cucina a domicilio

Questa non è una foto è una poesia d'amore
... modestamente l'ho scattata io

... anche questa
Un tempo mi dilettavo di fotografia e Lei era uno dei miei soggetti preferiti


... il suo bambolotto, così era solito chiamarlo! 


L' arrivo di Ornella
... il completamento di un sogno

Questo avvenimento, come era normale aspettarselo, mutò profondamente la loro vita

Chiesa di San Calcedonio (Purgatorio)
25° anno di Matrimonio. Ricordo che Mariella volle che fossi io a leggere le Sacre scritture. Un'altra giornata da incorniciare nel nostro album
Bologna 2012
L'ultima foto che voglio inserire è quella con i suoi adorati nipoti

14 gennaio 2009

Michele Argentino 1948 - 2012

Un'altro caro amico allunga la lista di coloro che ci lasciano attoniti e sconvolti. La notizia è giunta come un fulmine a ciel sereno e ci ha trovati impreparati ad accogliere un così drammatica e crudele evenienza. Michele non è stato una persona con la quale ho avuto grandi frequentazioni sia per motivi legati al rispettivo lavoro e sia per il fatto di vivere in città diverse. Lo conoscevo da sempre, fratello della carissima Luciana, alla quale mi lega una amicia vera, sincera e profonda. Ogni volta che incontravo in città Michele, comunque, era come se non ci fossimo mai lasciati. Eravamo legati da reciproca stima e da un affetto leale, di gran lunga superiore a tante "amicizie". Quando ci lasciavamo il pensiero era sempre per lei "anche se so che non occorre - mi diceva - ti raccomando Luciana". Io annuivo e lui abbozzava il suo solito dolce ed enigmatico sorriso. 
Voglio riportare quello che è stato il Cordoglio ufficiale del Mondo Accademico:


Grave lutto per il mondo accademico. Morto Michele Argentino
Profonda commozione ha suscitato la morte improvvisa di Michele Argentino, che lunedì scorso ha avvertito un malore mentre si trovava al Dipartimento di Architettura. Stimato nell’ambiente accademico, Argentino, 64 anni, allievo di Anna Maria Fundarò, ricopriva la cattedra “Disegno industriale” presso la facoltà di Architettura. Il rettore, il Corpo accademico, gli studenti e il personale tecnico e amministrativo dell’Università di Palermo, partecipano con profondo cordoglio al dolore dei familiari. I funerali si svolgeranno domani, 28 settembre 2012, alle ore 10 a casa Professa a Palermo. Argentino dal 1978 ha ricoperto il ruolo di Assistente Ordinario presso la Cattedra di Disegno Industriale dell’Università di Palermo. Dal 1982 è divenuto professore Associato di Progettazione Ambientale. Dal 2001 professore straordinario di Disegno Industriale e dal 2004 Professore Ordinario. Con il Corso di Progettazione Ambientale ha partecipato al concorso nazionale indetto dalla Lega Ambiente Italiana, al concorso Internazionale Pari Emballage e al concorso Alcatel Telematica, ottenendo il primo premio in tutti e tre i concorsi. E' stato Direttore dell'Istituto di Disegno Industriale e Direttore del Dipartimento di Design, della Facoltà di Architettura di Palermo. Ha diretto il master di II° livello “Design per lo Sviluppo”. È stato Presidente del Corso di Laurea in Disegno Industriale e del Corso Magistrale di Disegno Industriale per l’area mediterranea. E’ stato responsabile scientifico del “Censimento del Patrimonio Tradizionale fisso del Parco delle Madonie. Responsabile della costituzione del Dipartimento di Design ha avviato un processo di potenziamento dell’attività di ricerca dirigendo una ricerca nazionale sul Sistema Design Italia in consorzio con altre università italiane ottenendo il prestigioso XIX° premio Compasso d’oro - Settore ricerca. Ha organizzato una serie di Convegni e realizzato mostre proponendo la promozione dei temi di ricerca che ne fondano lo statuto scientifico e si è proposto per gli Enti e le Aziende che operano nel Campo della Comunicazione e del prodotto come valido interlocutore istituzionale. Gli esiti delle ricerche sono confluite in diverse pubblicazioni che raccolgono contributi derivanti sia dalle ricerche dei docenti che quelle dei dottori di ricerca. Tale programma si è anche esteso ad un ampio progetto di Formazione che prevede oltre al Corso di Laurea triennale in Disegno Industriale l’attivazione della Laurea Specialistica in Design per l’area mediterranea. Ha esteso il dibattito nell’ambito nazionale e internazionale con gli inviti del Dipartimento e del Dottorato di ricerca a personalità prestigiose nel campo del disegno industriale.



**** - ***
Philippe Daverio e Riccardo Agnello ricordano Michele Argentino, stimato professore di “Disegno industriale” alla facoltà di Architettura di Palermo

Addio Michele Argentino, professore colto e poetico

di Philippe Daverio e Riccardo  Agnello 

Profondo cordoglio e commozione per la morte improvvisa di Michele Argentino, 64 anni, stimato professore di “Disegno industriale” alla facoltà di Architettura dell'Università di Palermo. Riceviamo e pubblichiamo il ricordo di un amico, Riccardo Agnello e quello di Philippe Daverio, critico d'arte e docente ordinario di "Disegno industriale" all'Università di Palermo.

Ricordo Michele studente, timido, intelligente, curioso. L'ho poi rincontrato professore, colto, gentile, ma sempre curioso. Era, Michele, un Siciliano che non riusciva a togliersi quell'aurea di isolano pigro, perso in lunghe meditazioni in riva al mare ma poi lo scoprivi diverso, quasi stacanovista, la sua strana flemma mal nascondeva travagli interiori per un futuro sempre incerto e per un presente di sogni agitati. Dolce Michele con bimbi aggrappati alle sue spalle e giovani alle sue parole. (Riccardo Agnello)

Michele Argentino, intellettuale e poetico, sognatore e progettuale, sicilianissimo nella complessa e intrigante contraddizione di questi termini. Quanti caffè abbiamo bevuto assieme, inventando scenari che ovviamente non avrebbero mai avuto alcuna opportunità di farsi concreti... Ma la speculazione mentale ha un suo valore intrinseco, in quanto è esercizio dello spirito propedeutico a scenari più degni. E in questo gioco Michele era maestro virtuoso. Il suo segreto stava nella capacità di pensare al mondo intero come ad una dimensione naturale, e di esprimere poi questo pensiero nel più stretto accento di Mazara.

Il suo cosmo non era limitato alla geografia, ma profondamente esaltato nella dimensione storica: le stratificazioni riportate attraversavano l’orizzonte della consapevolezza come frecce diagonali. Gli dobbiamo tutti segnalazioni di libri e di testi che nessuno mai avrebbe potuto immaginare lui scoprisse. Gli dobbiamo suggestioni di fantasia creativa che solo chi partecipa ad altre dimensioni del gioco della vita può stimolare. Gli dobbiamo il sorriso disincantato dell’ironia greca, l’occhio acuto del marinaio fenicio. Gli dobbiamo il calore e la franchezza dell’amicizia intelligente. (Philippe Daverio)


2008 - Una sua intervista





Un altro amico ha voluto ricordarlo così: Michele dal sorriso argentino
di  Nino Giaramidaro
Sì, Michele, Michele Argentino, dava del lei all’Analisi matematica. Non aveva cuore di aggrovigliarsi fra derivate e integrali, e il calcolo differenziale gli provocava lo stesso dolore di quello renale. Marchingegni. Estranei a una personalità affascinata dal bello, dalla semplicità del dire anche senza prudenza, a volte con tutta la perfidia che provoca l’impossibile rinunzia alla verità. Da ragazzo mancava del “lato oscuro” che un po’ tutti offuschiamo, e da grande, saltellando fra il suo lavoro di amministrazione di un Dipartimento universitario e quello di professore affascinante, non era riuscito a conquistarselo. Forse gli sarebbe servito, ma lui, Michele, come un uomo senza ombra, andava avanti, anche nelle tane dei lupi, intemerato e sorridente: di quel suo sorriso di allegria da partecipare, che “accelerava” quando si mischiava all’autoironia degli intelligenti. È difficile parlare di Michele, più grato ricordarselo: lungo la via Maqueda con un malloppo di libri Feltrinelli nel sacchetto, la sigaretta in bocca, e il suo andare fra rapido e bighellone; in salita nella via del Parlamento con la camicia di seta indossata nel negozio dell’acquisto, verso «Mommino, cuoco sopraffino, servizio a puntino, prezzi a mercatino».
Verso i suoi cinquant’anni – e i miei di più – decidemmo di frequentare mostre, conferenze, convegni e “installazioni”. Ci provammo con caparbietà. Ma non riuscivamo mai ad avvicinarci ad una sola tartina, un tramezzino di quelli lasciati. L’unico conforto allo scoramento subìto era un mezzo bicchiere di vino rosso, nel bicchiere di plastica, che, a stomaco vuoto, ci survoltava pericolosamente. Scappavamo per evitare di imbatterci in discussioni profumate di tannino.
Ci rifugiavamo al bar Spinnato per una “scorsonera” oppure un Campari soda. Noi, quasi antichi titolari delle sedie del bar Sardo – piazza Mokarta di Mazara – con don Vito che, dopo il clangore della chiusura che proveniva da Pino “Bombolone” verso le due di notte, frettoloso ci diceva: «Picciotti, mi raccumannu li seggi».
Era leggero, sì, Michele metteva a dura prova il suo “lato chiaro”: quando rompeva con una ragazza, restava suo amico, contraccambiato. Con mia meraviglia: per elaborare la separazione io ci mettevo mesi e mesi torbidi, sino a perdere di vista la ex fiamma che mi aveva scottato. Credo che lui smorfiasse “La vita è sogno” con la vita è gioco, rendendo sorridente anche Calderon de la Barca. Non ho mai avuto notizia di un suo litigio. Riusciva con una battuta affilata a disarmare chiunque. Così come disarmava se stesso.
Un suo parente sacerdote portò lui ragazzo a pranzo in un ristorante. Alla frutta scelsero le pesche, allora pregiate, si vedevano col binocolo. Il prete tentò senza prudenza di colpire di coltello il frutto, ma la pesca schizzò dal piatto e rotolò a terra. Michele si girò per seguirne l’andazzo, ma quando tornò a guardare nel suo piatto lo vide vuoto, guardò il parente e si sentì dire: «Michele, con garbo, vedi cosa succede quando si è precipitosi?». Morale di Michele: scherzo da prete. Raccontava l’episodio sorridendo e con la convinzione che fosse stato giusto che l’anziano sacerdote avesse fatto ricadere la brutta figura su di lui, che era un ragazzo.
Si affollano i ricordi, gli uni sopra gli altri, madidi di un sentimento di angoscia puntuta: la mancanza di qualcosa di personale, dei ragionamenti alla cui fine avevo sempre l’impressione di avere rubato un altro pezzettino al me stesso pigro; il piacere di pensare in direzioni molteplici senza avvertire il greve senso del tempo perduto.
Michele Argentino (foto E.Scaccio)

Provo – ho sempre provato – un senso di malessere fisico alla fine di conversazioni inutili, mi atterrisce il dialogo con proprietari del luogo comune, delle idee dominanti, con coloro che sono muniti di tutti i grimaldelli per sfondare porte aperte. Posso solo ringraziarli di farmi ricordare Michele, darmi la percezione di una sua presenza esoterica che mi dà la forza di dire basta, di allontanarmi dalle voci inutili, dalle idiozie da bar, dagli idiomi inafferrabili e senza grammatica. Un prezioso regalo fattomi da questo amico di decenni, tedoforo della parola salvata, sempre in possesso di qualche idea, sempre stimolante, faticosa, bella, pure se riguardava una scelta minima. Insieme ci arrampicavamo sulle montagne alla ricerca di testimonianze arabo-normanne, scorrazzavamo per librerie, ci infangavamo sino ai malleoli per trovare verdure e i funghi dei quali lui era pericoloso conoscitore. Sedevamo al primo banco di aule universitarie perché c’erano lezioni divertenti, come quelle di matematica del professore Miranda che risolveva i misteri delle rette e dell’infinito dicendo che «così il marchingegno ha voluto». Sin da ragazzo, Michele aveva una possibilità illimitata di amicizia: tra i pescatori di Mazara del Vallo, fra gli accademici, sino ad Ettore Sottsass, con gli studenti greci degli anni Settanta, incurante che in mezzo a loro ci fossero diversi “ascoltatori” per conto dei colonnelli. Ma la sua natura fatta di timidezza e coraggio lo avventurava in qualsiasi ambiente con qualunque persona. E credo che a chiunque lasciasse un po’ del suo stile, l’eleganza del sapere e dell’intelligenza.
Michele Argentino e Philippe Daverio

Capitavano riunioni di asciutti lavoratori silenziosi, esperti custodi della cultura materiale con le mani che si muovevano in arabeschi, mirabili torsioni e movimenti come di balletti, raffinati utilizzatori della parola, usufruttuari di delicate vite segnate, scettici melanconici, fuori di testa, partigiani al limite delle idee. Guazzabugli di età trasversale che trovavano in lui, il Michele dal sorriso argentino, un minimo comune denominatore che trasformava tutte quelle fazioni in equivalenze umane e solidali. Tante amicizie, a lui dovute, continuano in un moto perpetuo senza l’aggressione dello scopo, dell’interesse: nude e crude, belle, probabilmente indistruttibili. Così come perdura l’affetto delle tante generazioni di studenti, siciliani, italiani, americani, mediorientali ai quali il “professore” non ha insegnato soltanto a disegnare il comò.Forse, tra le millanta adagi e detti e parabole che aleggiano su di noi da voci lontane e sempre più flebili, qualche piccola verità la troviamo: «Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei». Sì, insieme ci si scambia qualcosa, una corrente di particelle, gocce di se stessi che fanno zoppicare se l’amico è zoppo.
Ora, rimane l’affetto per Mariella e per i quattro figli. Tutti diversi dal padre, e tutti diversi fra di loro. Ma quando sorridono, sembra di rivedere Michele che si infila dentro un’altra briciola di futuro.
Dialoghi Mediterranei, n.12, marzo 2015

13 gennaio 2009

Mariano Foraci

L'unica foto assieme a lui quando eravamo universitari a Padova
L’amicizia è una delle esperienze più preziose che la vita ci offre, è il filo conduttore della nostra esistenza che, senza di essa, rischierebbe di essere vuota e incolore. Sull'amicizia si potrebbero consumare fiumi di parole, ne esistono vari tipi, c'è quella casuale legata ad una simpatia che emerge fortuitamente in una certa circostanza, quella intima, ovvero associata ad un rapporto continuativo nel tempo, ed esiste tutta una serie di varianti come ad esempio quella nata tra i banchi scuola. Quest'ultima è indelebile. Il tempo non riesce a cancellarla in nessun modo. E' la più fresca, la più genuina e la più solida. Non necessita di frequentazioni, basta il semplice rivedersi perchè scatti la scintilla che infiamma ed alimenta il legame sottile che lega due esseri umani. Questo è il tipo di amicizia che mi legava a Mariano. Ci siamo conosciuti nei corridoi del Liceo Gian Giacomo Adria, ci siamo ritrovati negli stessi atenei prima a Padova e poi a Palermo. Nella città patavina abbiamo condiviso per un certo periodo la stessa stanza del pensionato universitario (lui era di un anno più grande di me e quindi vi giunse prima). Quel pur breve periodo di convivenza riuscì a cementare il nostro rapporto umano. Mi ha consentito di condividere ed apprezzare le sue notevoli doti umane, la sua intelligenza vivace, la sua preparazione culturale, soprattutto la sua bontà d'animo. E' stato un valente professionista che vivendo in una piccola realtà come la nostra non ha potuto far valere tutte le sue considerevoli potenzialità, molte delle quali, purtroppo, sono rimaste inespresse. Avrebbe meritato ben altre platee per la sua realizzazione professionale. Acume, ingegno e rigore sono state le sue lineee guida nel campo dell'ingegneria, sua attività preminente, che lo rendeva un brillante punto di riferimento nel suo ambiente di lavoro, dove era molto stimato ed apprezzato. Il tutto condito da una fede, vera profonda e vissuta, che era il tratto distintivo della sua personalità. Persona di una dolcezza caratteriale che lo rendeva amabile a chi aveva la fortuna di venirne a contatto a vario titolo. Non lo ricordo mai senza il suo proverbiale sorriso sulle labbra. Abbiamo compiuto, per ovvi motivi professionali, percorsi di vita diversi. Le nostre vie non si sono mai incrociate, ma ciò non è stato sufficiente a far scemare la nostra amicizia. Bastava incontrarsi, nelle occasioni più disparate, anche per pochi minuti, perchè scattasse la molla che ci faceva entrare subito in sintonia rendendoci solidali e complici. Succedeva sovente, vederci per strada, si avvicinava gioioso e mi proponeva un argomento di discussione di varia natura, familiare, di salute, professionale, politica o ludica (gli piaceva raccontare storielle e creare un clima sereno e distensivo), e ci si lasciava come due “grandi” amici, in attesa della prossima occasione. Una persona fuori dal comune, per la quale trovare aggettivi, superlativi per quanto possono essere, risulterebbero comunque riduttivi, prestando il fianco alla retorica nella quale non voglio scadere. Una grande perdita per la famiglia, per gli amici ma anche per la Società civile, così parca di uomini onesti, altruisti, educati, capaci, disinteressati. Il suo ricordo resterà scolpito nella mia memoria tra quello delle persone più care e sarò sempre grato alla sorte che ci ha fatto conoscere.

12 gennaio 2009

Gianni Bua 1945 - 2013

Un compagno di scuola, una cara persona con la quale abbiamo condiviso poco del nostro vissuto, ma quel poco è stato sufficiente a farmelo apprezzare e stimare incondizionatamente. Quelle rare volte che ci vedevamo comunque era un piacere reciproco ed era un ping pong con i ricordi di un passato giovanile che ci aveva visti protagonisti, assieme a tanti amici e compagni comuni (Gianluigi, Nello, Claudio, Felice, Gianni, Aldo... ). Ne serbo un ricordo bello, sincero, spontaneo e indelebile. 

10 gennaio 2009

Caduti per la patria

La foto che segue è degli anni Quaranta. Ritrae un gruppo di civili e militari della Regia Marina, in attesa dell'arrivo di qualcuno all'interno della nostra stazione ferroviaraia. Dai pianti delle donne e dal segno di lutto sul braccio del militare ipotizzo trattarsi dell'arrivo di qualche marinaio caduto durante l'ultimo conflitto mondiale
Riconosco: Il maestro Vito La Monaca (al centro con i capelli canuti) e davanti a lui il figlio Francesco, divenuto poi odontotecnico

10 novembre 1940
Capitano di Corvetta Giuseppe Caito (a destra)

Sommergibile Enrico Tizzoli varato il 13 ottobre del 1935
Disperso con il suo sommergibile oceanico " Enrico Tizzoli" durante l'ultimo conflitto mondiale. Il sommergibile scomparve misteriosamente nel Golfo di Biscaglia, nessuna marina militare straniera ha mai rivendicato l'affondamento. Partito il 16 maggio del 1943 con 165 tonnellate di materiali per l'allestimento di una base sommergibilistica italiana in Estremo Oriente, non se ne seppe più nulla. Poiché doveva mettersi in contatto con la base il successivo 24 maggio, si presume che sia esploso tra il 17 e 24 maggio urtando una mina posata dai velivoli della RAF. Assiema al Caito, mazarese d'adozione, scomparvero cinque uffuciali e 46 circa tra sottoufficiali e marinai e 5 operai civili. Frequentò l'Accademia Militare di Livorno, gli furono conferite 4 medaglie di bronzo, una d'argento al valor militare e tre medaglie commemorative.

1940
Giuseppe Caito in abiti borghesi

Filippo Giarratano
Il Re d'Italia Vittorio Emanuele III appende al petto del marinaio una medaglia al valore militare. Filippo Giarratano abitava in via Madonna del Paradiso. Venne insignito dell'onorificienza perchè perse una gamba nel tentativo di aiutare due marinai in difficoltà, durante l'affondamento della sua nave.
Caccia Torpediniera "Folgore" della Regia Marina



Alla mezzanotte del 2 dicembre salpò da Palermo al comando del caitano di corvetta Ener Bettica per scortare a Palermo, insieme ai cacciatorpediniere Da Recco e Camicia Nera ed alle torpediniere Procione e Clio, il convoglio «H» (trasporti truppe Aventino e Puccini, trasporto militare tedesco KT 1, traghetto Aspromonte, con a bordo in tutto 1766 militari, 698 t di materiali, soprattutto munizioni, 32 automezzi, 4 carri armati, 12 pezzi d'Artigliria. Mediante L'organizzazione la Royal Navy venne a sapere del convoglio e inviò contro di esso la Forza Q (incrociatori leggeri Aurora, Sirius e Argonaut, cacciatorpediniere HMCS Quiberon e HMCS Quentin). Alle 00.37 le navi britanniche intercettarono il convoglio "H" e l'attaccarono presso il bancodi Skeri (costa tunisina): nel violento scontro, che si protrasse per un'ora, furono affondati tutti i trasporti (tranne il Puccini, irrimediabilmente danneggiato ed autoaffondato in un secondo tempo) e gravemente danneggiati Da Recco e Procione. Il Folgore, che si trovava di poppa al convoglio, rilevò la presenza delle navi nemiche con il «Metox» e, all'ordine di contrattacco lanciato dal caposcorta (capitano di vascello Aldo Cocchia del Da Recco) fu la prima unità ad eseguirlo: si portò a soli 1000 metri dall'Aurora e gli lanciò tre siluri, poi ne lanciò altri contro il Sirius, tutti a vuoto (anche se si ritenne che quest'ultimo fosse stato colpito da due siluri) e, mentre ripiegava, aprì il fuoco con le artiglieria: le vampe dei cannoni permisero però alle unità inglesi di individuarlo e centrarlo ripetutamente con il loro tiro. Colpito da almeno nove proiettili  (specialmente dal Sirius), in fiamme ed immobilizzato, in corso di allagamento, il Folgore continuò a sparare sino ad esaurire tutte le munizioni delle riservette del calibro principale, poi, all'1.16, si capovolse ed affondò nel punto 37°43' N e 11°16' E, portando con sé oltre metà dell'equipaggio.
Scomparvero in mare il comandante Bettica (volontariamente inabissatosi con la sua unità), altri 3 ufficiali, 13 sott'ufficiali e 107 marinai Alla memoria del comandante Bettica fu conferita la Medaglia d'oro al valor militare. Il Folgore aveva effettuato complessivamente 155 missioni di guerra (4 con le forze navali, 8 di caccia antisommergibile, una di bombardamento controcosta , 77 di scorta convogli, 14 addestrative e 51 di trasferimento o di altro tipo), percorrendo 56.578 miglia e trascorrendo 33 giorni ai lavori.
Tra i marinai caduti c'era anche il nostro compaesano Antonino Farina (1/11/1915 - 24/05/1942) che fu dato per disperso

Antonino Safina (16/11/1945-2/12/1942)



Fanteria

Giuseppe Sardo (1919-1942)
Nocchiero di Porto di 1" classe, imbarcato sul cacciatorpediniere Folgore, in seguito ad una battaglia navale nel Mediterraneo, fu dichiarato disperso e decorato con la medaglia d'argento al valor militare. A Lui è dedicata la via (traversa via San Giuseppe)

Aviazione
Giovanni Sferlazzo 
tenente pilota caduto per la patria, con il proprio aereo, durante l'ultimo conflitto mondiale